Berio Luciano

Imperia, 24 ottobre 1925 - Roma, 27 maggio 2003


Nato in una famiglia di tradizioni musicali in Liguria, Luciano Berio ha iniziato gli studi musicali col padre Ernesto. Nel 1945 si è trasferito a Milano dove ha studiato composizione con Paribeni e Ghedini e direzione d’orchestra con Giulini e Votto, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi, formandosi sulla musica radicale della prima metà del secolo non meno che sui classici. Nel 1951 Berio segue i corsi di Dallapiccola negli Stati Uniti: il talento del compositore si affina, orientandosi verso la creazione di strutture musicali ipercomplesse, secondo i dettami di una polifonia totale, privilegiando le qualità plastiche della materia sonora e dando vita ad opere in cui si intrecciano con grande abilità innumerevoli linee orchestrali e vocali.
A questo periodo risalgono le prime composizioni elettro-acustiche in cui Berio sperimenta le potenzialità del rapporto suono-parola: "Thema. Omaggio a Joyce" (1958) e "Visage" (1961). Seguono le ricerche sulle combinazioni ritmico-agogiche complesse di “Tempi concertati” per 4 solisti e 4 orchestre, (1959) e "Sincronie" per quartetto (1964), si passa poi, alle esplorazioni della vocalità femminile nella sua dimensione fonetica, semantica e psicologica come le “Epifanie” (1959-6), "Circles" (1960) e "Sequenza n.3" per voce (1965), opere nate anche dalla collaborazione con il soprano Cathy Barberian, per approdare a una concezione della musica intesa come drammaturgia musicale che si manifesta in opere come "Allez-Hop" (1959), da Calvino, "Passaggio" (1962) e "Laborintus" (1965). L’indagine sulla materia sonora intesa come suono, timbro e movimento nutre la serie delle "Sequenze", ciascuna per un diverso solista, che Berio ha composto dagli anni 50 ad oggi. Le "Sequenze" rivelano la vocazione del Maestro a rimettersi continuamente in gioco, a non considerare mai una creazione veramente finita: le prime sei "Sequenze" diventano altrettanti "Chemins" (1964-65) e ispirano lavori strumentali come "Linea" per 2 pianoforti, vibrafono e marimba (1973), "Point of the curve to find…" per pianoforte e orchestra da camera (1974) e “Notturno” (1993, rielaborato nel 1995). La ricerca di Berio si è svolta nel segno di una continuità tra passato e presente, nutrendo la propria musica da fonti eterogenee: musica, letteratura, linguistica, antropologia strutturale, etnomusicologia. La necessità di sperimentare nuovi linguaggi, scoprendo il potenziale nascosto in ogni forma sonora, conduce Berio a rivisitare i canti popolari con "Folk songs" per mezzosoprano e orchestra (1964-73), in "Cries of London" per 6 voci (1974) si ispira alle grida dei venditori ambulanti, reinterpreta i Beatles, ripensa i materiali classici da Monteverdi a Puccini. Tale atteggiamento trova in “Sinfonia” (1968) la sua espressione più piena.
La produzione degli anni 70 e 80 si distingue per l’importanza crescente attribuita dal Maestro alla musica vocale come emerge in "A-Ronne" (da Sanguineti), "Coro" per voci e strumenti (1975-76), fino ad "Ofanim" per solo, coro, strumenti ed elaborazioni elettroniche (1988-92), "Shofar" per coro e orchestra (1995).
Il percorso artistico di Berio trova il suo sbocco naturale nel teatro musicale, in forme che presuppongono e negano al tempo stesso la grande tradizione operistica: "Opera" (1970), considerata da molti il suo capolavoro; "La vera storia" del 1978 su testo di Calvino; "Un re in ascolto" (1983) da Shakespeare e "Outis" (1996).
La curiosità per ogni categoria musicale si è manifestata in ogni aspetto della sua molteplice attività. Nel 1954 ha fondato e diretto con Bruno Maderna lo Studio di Fonologia Musicale presso la RAI di Milano. Nel 1956 ha fondato la rivista "Incontri Musicali". Didatta carismatico, Berio ha insegnato a Darmstadt, alla Summer School di Dartington, al Mills College in California, alla Harvard University e alla Juilliard School di New York dal 1965 al 1972. Dal 1973 al 1980 ha diretto il dipartimento elettroacustico dell’IRCAM di Parigi e nel 1987 ha fondato il Centro Tempo Reale di Firenze. Nel 1995 la Biennale di Venezia gli ha assegnato il Leone d’oro alla carriera e nel 1996 la Japan Art Association gli ha assegnato il Praemium Imperiale. Nel 2000 è stato eletto presidente dell’Accademia di Santa Cecilia.
Si è spento a Roma il 27 maggio 2003.